PAGAMENTO STIPENDI ENTRO il 12 gennaio 2022: principio di cassa allargato

..:: PAGAMENTO STIPENDI ENTRO il 12 gennaio 2022: principio di cassa allargato

Mercoledì 12 gennaio 2022 è il termine ultimo per il pagamento degli stipendi ai dipendenti del 2021 e dei compensi agli amministratori (non titolari di partita IVA), per far ricadere i conguagli nell’anno 2021 in base al cd. ‘principio di cassa allargato’.

Possono essere inclusi nelle operazioni di conguaglio di fine anno (per l’anno 2021) anche gli emolumenti in denaro corrisposti entro la data del 12 gennaio 2022: cfr. art. 51, comma 1, del TUIR.  Le ritenute relative dovranno essere versate entro il successivo 16 febbraio 2022.

Ciò significa che entro il 12 gennaio 2022 devono essere pagati gli stipendi del mese di dicembre 2021, affinché, dal punto di vista fiscale, possano essere considerati percepiti dal lavoratore nell’anno 2021 e quindi compresi nella prossima Certificazione Unica (cd. ‘CU’) (che dal 2015 sostituisce il modello CUD).

Pertanto, gli stipendi ed i salari incassati entro il 12 gennaio dell’anno successivo sono soggetti a tassazione nel periodo d’imposta precedente (anno 2021), a condizione che si riferiscano a prestazioni svolte in tale precedente annualità (anno 2021).

Lo stesso principio di cassa allargata si applica anche ai compensi pagati ai collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) ex art. 409 del c.p.c., come ad esempio gli amministratori, in conseguenza del fatto che tali redditi sono stati assimilati ai redditi di lavoro dipendente.

In altri termini, si sottolinea che le retribuzioni dei dipendenti del mese di dicembre 2021, ed i compensi 2021 di spettanza dei collaboratori cd. ‘a progetto’ e degli amministratori, debbono ‘figurare’ come liquidati (PAGATI!!!) entro il 12/01/2022, al fine di poterle ricomprendere nell’ammontare complessivo degli emolumenti dell’anno 2021.

 

PAGAMENTO RETRIBUZIONI: Obbligo di utilizzo di strumenti tracciabili.

Come a tutti noto, la Legge n. 205/2017, commi n. 910-914, ha stabilito, a decorrere dal 1° luglio 2018, l’obbligo per i datori di lavoro o committenti di corrispondere ai lavoratori le retribuzioni od i compensi, e ogni anticipo di essi, esclusivamente con modalità ‘tracciabili’, attraverso:

  • Bonifico bancario sul c/c identificato dal codice IBAN del lavoratore.
  • Strumenti di pagamento elettronico: con la Nota n. 4538 del 22 maggio 2018 l’Ispettorato aveva precisato che rientra tra gli “strumenti di pagamento elettronico” il versamento degli importi dovuti effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche se non collegata ad un IBAN. Il datore di lavoro dovrà, tuttavia, conservare le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza.
  • pagamento in contanti presso uno sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento: l’Ispettorato con nota n. 7369 del 10 settembre 2018, ritiene conforme alla ratio della disposizione anche l’ipotesi del pagamento delle retribuzioni effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario dove il datore di lavoro abbia aperto e sia intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario, in quanto appare comunque assicurata la finalità antielusiva della norma, tenuto conto che il pagamento è effettuato dalla banca e risulta sempre tracciabile anche ai fini di una possibile verifica da parte degli organi di vigilanza. Tale strumento pur non essendo espressamente indicato non risulta neanche esplicitamente escluso dalla formulazione della norma.
  • emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore oppure, in caso di suo comprovato impedimento, ad un suo delegato. L’impedimento si intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni. Anche il pagamento delle retribuzioni con lo strumento del “vaglia postale” può rientrare in tale ambito.

La Nota dell’INL n. 7369/2018 ha precisato che l’utilizzo degli strumenti tracciabili non è obbligatorio per la corresponsione di somme diverse dalla retribuzione, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti.

Al contrario, per quanto riguarda l’indennità di trasferta, in considerazione della natura “mista” della stessa (risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche), sarà comunque necessario ricomprendere le relative somme nell’ambito degli obblighi di tracciabilità, diversamente da quello che avviene rispetto a somme versate esclusivamente a titolo di rimborso (chiaramente documentato) che hanno natura solo restitutoria. Ciò in quanto rientra nella ratio della disposizione mettere in condizione il personale ispettivo di verificare gli effettivi importi versati al lavoratore “forfettariamente”, anche al fine di verificare il rispetto dei limiti di imponibilità fiscale e contributiva previsti dalla disciplina in materia di trasferte (art. 51, comma 5, del TUIR).

In definitiva, i datori di lavoro ed i committenti non possono corrispondere la retribuzione ai lavoratori in denaro contante, indipendentemente dalla tipologia di rapporto instaurato tra le parti.

Sono espressamente esclusi dalla predetta disciplina i rapporti di lavoro costituiti con le pubbliche amministrazioni ed i rapporti di lavoro familiari e domestici (colf) costituiti in forza al relativo C.C.N.L. stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Devono altresì ritenersi esclusi, in quanto non espressamente richiamati dalla nuova norma, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale.

La violazione dell’obbligo in parola comporta la sanzione amministrativa da € 1.000 ad € 5.000. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha chiarito che, trattandosi di illecito non materialmente sanabile, non potrà essere applicata la diffida; pertanto, la predetta sanzione sarà determinata nella misura ridotta di cui all’art. 16 della Legge n. 689/1981, pari ad € 1.667.

Tale sanzione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione e, considerato che la periodicità di erogazione della retribuzione è, di norma, mensile, trova applicazione per ciascun mese in cui si è verificato l’illecito.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 9294 del 09/11/2018, in merito all’irrogazione della sanzione per mancato versamento della retribuzione con strumenti tracciabili a lavoratori irregolarmente occupati, ha precisato che, nell’ipotesi in cui gli organi ispettivi abbiano accertato l’impiego di lavoratori in “nero” e abbiano riscontrato che i medesimi lavoratori siano stati remunerati in contanti e non mediante strumenti di pagamento tracciabili, oltre alla contestazione della maxisanzione per lavoro “nero”, potrà essere applicata anche la sanzione prevista per i pagamenti non effettuati con strumenti tracciati.

Inoltre, in caso di lavoratori irregolarmente occupati e di accertata corresponsione giornaliera della retribuzione (quindi, non con cadenza mensile), si potrebbero configurare tanti illeciti per quante giornate di lavoro in “nero” sono state effettuate.

La Nota del 22 marzo 2021, prot. n. 473, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) tratta dell’applicazione del regime sanzionatorio nei confronti del datore di lavoro che non dimostri il pagamento della retribuzione con mezzi tracciabili a fronte della dichiarazione del lavoratore che confermi di non essere stato pagato in contanti. Ossia, l’Ispettorato non attribuisce rilevanza, ai fini dell’esclusione della responsabilità del datore di lavoro, alla dichiarazione resa dal lavoratore che confermi di essere stato pagato con strumenti tracciabili, ricordando che l’ultimo periodo del comma 912 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 stabilisce che “la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione”.

Ne consegue che dovrà essere il datore di lavoro a provare che la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, sia stata corrisposta con i mezzi di pagamento sopra elencati.

 

(Piergiorgio Ripa – Dottore Commercialista e Revisore Legale – piergiorgio.ripa@studioripa.it)

(Informativa aggiornata il 9 gennaio 2022)

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